
Quando ho ricevuto il messaggio da Cortellessa, il mitico direttore di Scooter Magazine che mi informava della rinascita del progetto, non potevo crederci.
Ero già felice così, ma quando mi ha chiesto se potevo fare una recensione di una moto vintage (per la quale nutro un amore infinito), mi è persino scesa una lacrimuccia. Sono vecchietto, sono motociclista da quando avevo 13 anni, diciamo 14 per evitare guai, ho avuto una gran quantità di moto, alcune anche di gran valore (ne ho tre attualmente), ma una sola moto mi ha sempre fatto battere il cuore, il mitico Gilera 250 NGR, che acquistai alla fine del 1985, lo tenni fino al 1994, lo vendetti a malincuore, ma per uno strano caso del destino lo ritrovai nel 2018!
Non parlo di un modello uguale, parlo proprio della stessa moto, quella a cui montai la targa nel mio garage. Ebbene sì, per uno sciopero prolungato della motorizzazione, mi arrivò la targa solo nel febbraio successivo. Vista la situazione il concessionario, lo storico Enzo Cremonini di Imola, con un gesto da gran signore mi portò la moto a casa prima dell’immatricolazione definitiva.
Inizio il racconto….
Questa moto nasce negli anni d’oro della Gilera. Fu presentata al MotorShow del 1984, e quando la vidi me ne innamorai immediatamente. Un vero e proprio colpo di fulmine! Era esposta nelle due colorazioni ufficiali, grigia e rosso/nera. Ovviamente ordinai la rosso/nera, anche sborsando “ben” 100.000 delle vecchie Lire in più per l’optional.
Cosa aveva di così speciale?
Montava il motore monocilindrico 2T della 250 da cross, opportunamente rivisto e “tranquillizzato” per l’utilizzo su strada, con uno scarico a espansione specifico, un carburatore da 32mm Dell’Orto, la valvola allo scarico (che si apriva meccanicamente con la rotazione della manopola del gas), il contralbero antivibrazioni e l’impianto di miscelazione separata.
Il motore era raffreddato a liquido, aveva 5 marce, l’avviamento elettrico (solo elettrico) e l’ammissione a valvola rotante. Da qui la sigla NGR (New Generation Rotary-Valve).
La linea richiamava quella di una bellissima moto dell’epoca, la Kawasaki GPZ 600 R, ma grazie alle dimensioni più contenute riusciva a essere persino più affascinante. La potenza dichiarata era di 38cv (contro i 44 della versione cross) e 138 kg di peso, dati che spingevano la moto fino ai 160 km/h reali di velocità massima, e 7 secondi nello 0-100 km/h.
Non male per quei tempi, e se a queste performance ci aggiungiamo le sospensioni Marzocchi, i freni Brembo, il telaio Verlicchi in tubi quadri e il forcellone MonoDrive con biellette, salta fuori una moto che potrebbe risultare attuale.
Alcune chicche che mi hanno fatto impazzire sin da subito, oltre all’estetica e alla tecnica, erano i blocchetti retroilluminati, la strumentazione completa, la regolazione idraulica della forcella (sistema Anti-Dive, cioè antiaffondamento), la frizione a comando idraulico, i semimanubri regolabili, gli specchietti sulla carena e l’utilissimo maniglione integrato nel codino (per dare agio al passeggero).
Con una autonomia di quasi 400 chilometri (l’NGR percorre circa 20km/l, e il serbatoio in lamiera contiene qualcosina più di 20 litri), la buona protezione aerodinamica, l’assenza di vibrazioni, le pedane con rivestimento in gomma (anche quelle posteriori), ed una sella piuttosto comoda, era possibile intraprendere viaggi anche di un certo spessore. Io faccio tutt’ora Bologna-Rimini e ritorno in giornata, senza alcun problema.
La qualità migliore del Gilera 250 NGR è sempre stata la posizione di guida.
Pochi mi credono, ma nessuna altra moto che ho guidato (e/o posseduto) in vita mia mi è stata così cucita addosso. I polsi sono giustamente caricati, l’aria lambisce solo la parte superiore del casco, le gambe assumono una angolazione perfetta (sono alto 1,76), la sella è confortevole. Io sono sempre pieno di acciacchi, tranne quando guido il mio amore Made in Arcore. E non è affatto una cosa psicologica!
La moto ovviamente non è perfetta..
Poteva nascere con una decina di cavalli in più (sono abituato a “bestie” da ben più di 100 cavalli, una ne ha addirittura più di 200), con 6 marce, con le leve regolabili, con un sacco di altre cose, ma se pensiamo che è stata ingegnerizzata prima del 1984 (e introdotta sul mercato nella primavera successiva) direi che era già piuttosto moderna.
Come va su strada?
Faccio una doverosa premessa tecnica, che piacerà sicuramente al nostro Mancio (Pierluigi Mancini per chi non lo conoscesse con questo nomignolo, ndr).
La moto è nata quando esisteva la benzina rossa Super con piombo, per cui ho dovuto adeguare leggermente la carburazione (spillo conico, getto del massimo, filtro dell’aria, nello specifico un doppio strato RedSponge Malossi) per farla funzionare con la verde attuale a 100 ottani, ma ho anche utilizzato lubrificanti moderni per preservare al massimo la meccanica. Nel carter ora c’è il Bardahl GearBox 10W40, nel serbatoio dell’olio miscela il Bardahl KGR specifico per impianti di lubrificazione separata.
La moto sta ancora funzionando con il suo cilindro originale, il suo scarico, il suo cambio, e gran parte dei componenti meccanici originali.
Ovviamente sono state sostituite alcune parti che si sono usurate nel tempo (pompa frizione, dischi frizione, pompa freno posteriore, valvola di scarico, trasmissione, monoammortizzatore, disco posteriore), altre sono state revisionate (pinze, forcella, carburatore), ma in sostanza la moto è sempre quella di Natale del 1985.
Il motore continua a regalare delle gran soddisfazioni.
Le modifiche apportate dalla Gilera hanno funzionato egregiamente. Il motore, nato come micidiale bomba on-off per l’utilizzo estremo in fuoristrada, si rivela “mansueto” fino a 5500 giri. Sotto questo regime presenta un tiro assolutamente decente, anche viaggiando in due, con una erogazione molto regolare e priva di buchi di carburazione.
Gran merito va alla valvola di scarico, che proprio per quel motivo (pulizia di erogazione) deve essere sempre perfettamente manutenzionata (pulita, regolata) o sostituita quando è necessario (i gas di scarico la “consumano”).
Sopra i 5500 giri il tiro si irrobustisce parecchio, il motore fa la “voce grossa” e la lancetta del tachimetro (parallelamente a quella del contagiri) sale velocemente. Ma è ancora una moto “umana”. Sopra i 6500 giri il motore si risveglia del tutto, si ricorda bene di essere stato un “cattivo” due tempi da cross, e gli ultimi 2000 giri vengono sparati via in un attimo, con il contagiri che arriva quasi istantaneamente alla zona rossa (8500) e la lancetta del contachilometri che “completa” il giro. Una soddisfazione incredibile, che oramai si è persa nelle moto attuali, anche quelle con una potenza quintupla.
Ma il bello non è ancora finito.
138 chili sono davvero pochi, e con quel telaio e quelle sospensioni si possono ottenere angoli di piega di un certo livello. Purtroppo le gomme disponibili per le moto d’epoca non sono a livello di quelle attuali. Sul Gilera ho fatto montare le Dunlop ArrowMax, le più sportive ancora disponibili, ma ovviamente la situazione migliorerebbe di parecchio con pneumatici tipo i Pirelli Diablo Corsa II o similari.
I freni sono decenti, una terna di pinze Brembo monopistoncino, nelle quali ho installato delle pastiglie EBC semisinterizzate (al posto delle Brembo organiche montate dalla Casa) per cercar di ottenere il massimo (anche in questo caso bisogna fare con quello che si trova).
Per tirare le somme, tra buon telaio, sospensioni, freni e gomme ammodernate, il Gilerino schizza tra una curva e l’altra come una saetta, entra in piega con il minimo sforzo, non si scompone nell’apex e garantisce un’ottima aderenza anche in fase di riaccelerazione. Un buon pilota si metterebbe dietro facilmente tutte quelle moto moderne con potenza limitata a 35KW, forse anche qualcuna non limitata.
Io sono un tranquillo, voglio bene al mio mezzo e ne rispetto l’età, per cui non tiro come un assassino, ma l’NGR potrebbe tranquillamente dare di più, tanto di più. Non lo faccio guidare a nessuno (a parte mio figlio e il mio fidatissimo amico carburatorista), anche perché eventuali danni sarebbero difficilmente ripristinabili per ovvie ragioni di reperibilità delle parti di ricambio.
Mi sono comunque premunito, e in uno dei miei garage riposano sonnacchiosi uno scarico completo, una valvola di scarico, i semimanubri, alcune leve, le manopole, i tamponi/bilancieri del manubrio, una seconda sella dallo stile più sportivo (con accenno di codino), due set completi dell’elettronica di bordo, una strumentazione intera, i tappi di olio e benzina, parti della trasmissione, il rubinetto della benzina, il regolatore di tensione, il faro, 4 frecce, il cupolino, viteria varia, clip plastiche per carrozzeria, candele (originali Bosch W2CC), due serie complete di getti per il carburatore, varie lattine di olio miscelatore e olio cambio, due set di guarnizioni motore, pastiglie freno (originali Brembo), persino una serie di adesivi.
È probabile che non lo venderò mai (più), anzi è certo che farà parte della eredità per mio figlio.
Grazie NGR